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Molti sanno che il rospo, insieme a molte altre antiche tradizioni, ha dato forma al Natale. Proprio in questo periodo dell’anno, quando le notti sono più lunghe e il fuoco del focolare diventa il cuore della casa, si manifesta l’antico legame tra il rospo e il Natale: un’alleanza tra luce e buio, terra e cielo, che va più in profondità di quanto la forma festiva odierna possa suggerire.
Decorata in rosso e bianco, con rami di abete e luci, la nostra epoca celebra una festa molto più antica della sua veste moderna.
Perché nel profondo dei miti del nord - nei rituali degli sciamani, nelle cavalcate celesti degli dei - brilla ancora: l’agarico volante, simbolo del ritorno della luce e simbolo del ciclo divino.
Forse ogni anno, quando le candele sono accese e i fiocchi di neve cadono silenziosamente, sentiamo inconsciamente questo tranquillo richiamo all’antica consapevolezza che tutta la vita è a riposo per sbocciare di nuovo - proprio come il fungo che conserva la sua luce sotto la neve e la terra.
Le origini sciamaniche del rituale natalizio

Molto prima che un uomo con un mantello rosso si arrampicasse sui camini, gli sciamani dei popoli nordici e siberiani strisciavano nei buchi del fumo delle loro yurte nelle lunghe notti invernali.
Indossavano abiti rossi e bianchi, i colori del fungo sacro che li ha condotti in quel mondo da cui rinascono la luce e la vita.
I cappelli di Amanita essiccati brillavano nelle loro borse, che ponevano come piccoli soli accanto al camino.
Il fumo che si levava era sia un sacrificio che una benedizione. Collegava il cielo e la terra, così come lo stesso sciamano era considerato un mediatore tra i mondi.
Il suo ritorno attraverso il buco del fumo simboleggiava la rinascita: lo spirito torna dall’altro mondo con doni per il suo popolo - saggezza, guarigione, visioni.
Quello che un tempo era un rituale sciamanico divenne in seguito un’immagine familiare: l’uomo che portava doni attraverso il camino.
Alcune tradizioni riportano che dopo il suo ritorno portava scintille nei capelli - il "fuoco celeste", un segno di contatto divino. E così il fuoco che portò dall’altro mondo rimase come calore nelle nostre case, simbolo della vita che non si spegne mai.
I colori del nord - rosso, bianco e verde
Anche la combinazione di colori delle odierne celebrazioni natalizie porta con sé tracce di questo antico legame.
- Rosso: il sangue della vita e il cappello di rospo.
- Bianco - la neve, la purezza, la luce divina.
- Verde - l’eternità della natura, il micelio che sostiene tutto.
L’albero di Natale, un tempo simbolo dell’albero della vita, era decorato con frutta rossa e bianca - mele, funghi, noci e piccoli corpi luminosi.
L’orpello, che un tempo simboleggiava la luce dorata del sole, ricordava i fili lucenti del micelio che attraversano la terra come vene d’argento.
E mentre noi oggi appendiamo ai rami lumini e candele, i nostri antenati decoravano gli alberi con i rospi per portare il fuoco celeste nell’oscurità - un gesto di gratitudine verso il principio divino che vive anche in inverno.
Anche i colori degli abiti festivi e delle decorazioni natalizie erano in origine espressione delle forze cosmiche: il rosso come energia attiva e vivificante, il bianco come coscienza radiante, il verde come eterno portatore di vita. Insieme raccontano la storia della triade alchemica da cui nasce tutta la creazione.
Da padre degli dei a santo: Odino, Wotan e Nicola
Prima che il barbuto uomo del nord diventasse il simpatico Babbo Natale, era un dio delle tempeste e della saggezza.
Odino - o Wotan - cavalcava nell’aria sul suo destriero a otto zampe Sleipnir al momento del solstizio d’inverno , accompagnato da spiriti e animali. Il suo viaggio era un volo attraverso la notte per guidare le anime e portare doni. In molte regioni, i bambini fornivano stivali o avena a Sleipnir, proprio come in seguito fecero per le renne di Babbo Natale.
Con la cristianizzazione, il padre degli dei divenne San Nicola, che portava doni alle persone e benediceva i bambini.
San Nicola di Myra - il guardiano della luce
Lo storico San Nicola di Myra visse nel IV secolo in Licia, nell’attuale Turchia meridionale - lontano dai paesaggi innevati del nord, eppure la sua figura ha lo stesso splendore degli antichi portatori di sole e fuoco dell’inverno.
Era considerato caritatevole, saggio e pieno di compassione. Molte delle sue azioni furono miracolose: saziò la fame, salvò le navi dalle tempeste, liberò i prigionieri e aiutò coloro che non avevano voce.
Nel corso dei secoli, il giorno della sua commemorazione, il 6 dicembre, è diventato una celebrazione del dono e della condivisione, un momento in cui la luce, la gentilezza e il calore vengono trasmessi nel bel mezzo della stagione buia.
Questa tradizione riecheggia ancora alcune delle antiche conoscenze: Il vero dono non è materiale, ma consiste nel trasmettere il fuoco interiore.
Quando il cristianesimo si diffuse nel nord, le figure si fusero: il dio errante Odino, lo sciamano con il fuoco celeste e il misericordioso vescovo di Myra.
Questo diede origine alla duplice figura che oggi conosciamo come San Nicola e più tardi come Padre Natale: un santo con radici divine, portatore di luce celeste sotto le spoglie dell’umanità.
Nel suo cappotto rosso, gli orli bianchi e il dono della benedizione, vive la memoria di entrambi i mondi:
dello sciamano che torna dal buco del fumo,
e del santo che illumina con la sua luce le tenebre dei cuori umani.

Ma sotto il manto del santo, brilla ancora l’antica figura del viandante che viaggia con il vento, portando con sé il fuoco celeste e portando nel suo sacco non solo doni, ma luce, conoscenza e trasformazione.
Si dice che sia arrivato nella notte più buia, quando la porta dell’Aldilà era aperta, e che il suo respiro fosse il respiro stesso del vento del Nord. Ancora oggi, questo antico archetipo rivive nella figura di Babbo Natale - addomesticato, ma inconfondibilmente divino.
Le renne e il "fuoco celeste"

Nei miti dei popoli sami e siberiani, le renne erano considerate animali sacri, messaggeri tra cielo e terra. Si nutrivano di agarici della mosca e gli sciamani le osservavano mentre saltavano, quasi danzando, con movimenti da trance - come se potessero volare.
Da qui nasce l’idea della"renna volante", che trasporta lo sciamano - e poi Babbo Natale - nell’aria.
Il bagliore rosso dei loro nasi, che in seguito entrò nella storia di Rodolfo, era in origine il "fuoco celeste": il potere luminoso del fungo, che simboleggia la vita che nasce dall’oscurità. Lo sciamano portava questa fiamma dentro di sé quando tornava dopo l’estasi, come un portatore di luce tra i mondi.
Alcune tradizioni dicono che toccò il cielo con il respiro della renna - una connessione tra animale, uomo e spirito. La neve scintillava come le scintille incandescenti del fungo, e così anche la notte divenne un riflesso del fuoco divino.
Il fungo sacro nelle moderne tradizioni natalizie
Il rituale dello sciamano divenne così una favola, il dio un santo, il fungo sacro un simbolo di felicità. Eppure i cappellini rossi, che ancora oggi vengono usati come decorazioni per l’albero di Natale o impressi sulla carta da regalo, raccontano la stessa storia: di trasformazione, gratitudine e rinascita. In ogni rospo brilla l’archetipo del portatore di luce, colui che attraversa le tenebre per rinnovare la vita.
Forse le nostre anime lo percepiscono ancora quando accendiamo le candele la vigilia di Natale.
Forse Babbo Natale non è altro che l’ultimo sciamano con la veste rossa, che scende ancora una volta attraverso il fumo per ricordarci il fuoco divino che è in noi.
Anche i sorrisi dei bambini, lo scintillio nei loro occhi quando si accendono le luci, portano con sé un’eco di questa antica gioia - la certezza che la luce tornerà sempre, non importa quanto lunga sia stata la notte.
Il ricordo della luce eterna
E così il cerchio si chiude: dal fungo sacro che collegava cielo e terra, ai voli sciamanici attraverso il fumo, all’allegro vecchietto con la barba e la slitta che ogni anno riporta lo stesso segreto: la luce che non si spegne mai, anche nella notte più buia.
Perché in verità il Natale, come il rospo stesso, non è una celebrazione delle cose, ma un rituale di ricordo: del fuoco divino che vive in tutto ciò che respira, cresce e ama.
Forse è proprio per questo che la vista di un cappellino rosso ci fa ancora sorridere: porta con sé la promessa che anche nel profondo dell’inverno una scintilla di vita continua a brillare.
Anteprima della Parte 4: I misteri perduti e il risveglio della nuova era
Nell’ultimo capitolo della nostra serie sull’Avvento, approfondiamo la dimensione nascosta della spiritualità del fungo. Ci chiediamo cosa rimanga dell’antica saggezza e come il fungo possa essere inteso ancora oggi come un maestro.
Dalla repressione del sapere sacro e dei suoi effetti psicologici alla sua moderna riscoperta come simbolo di trasformazione interiore:
Parte 4 ci porta sulla soglia tra memoria e risveglio, dove l’antico sapere della terra ricomincia a parlare.
Fonti:
🔗 Babbo Natale - origine, tradizione di San Nicola: articolo di Wikipedia
👉 https://de.wikipedia.org/wiki/Weihnachtsmann
🔗 Natale, tra miti e tradizioni (articolo UNR sugli ibridi storici di pagano e cristiano)
👉 https://unr.edu.ar/en/navidad-entre-mitos-y-tradiciones/
🔗 L’influenza dei funghi allucinogeni sul Natale (FFungi, teoria culturale)
👉 https://www.ffungi.org/blog/the-influence-of-hallucinogenic-mushrooms-on-christmas
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